venerdì 4 gennaio 2013

Riforma Fornero, cosa cambia nel 2013



Articolo tratto da http://www.vostrisoldi.it/
Cerchiamo di capire quali saranno le principali novità che investiranno il sistema pensionistico italiano.
Nel corso del 2012, hanno potuto accedere alla pensione tutti quelli che avessero maturato i requisiti necessari nel corso del 2011, ovvero prima della riforma, ma che attendevano comunque la cosiddetta «finestra mobile»: 12 mesi per i lavoratori dipendenti, 18 per gli autonomi. Proprio questi ultimi, dovranno attendere il prossimo giugno per vedere la fine del vecchio regime. Resta poi la questione, tanto dibattuta, degli esodati. Con esodati si intendono tutti quei lavoratori che, così da non restare senza reddito, avranno la possibilità di andare in pensione seguendo il vecchio regime.
Ma è un’altra la novità che tutti attendono per il 2013: come si combineranno insieme la riforma Fornero e tutte quelle novità introdotte sotto il governo Berlusconi, che prevedono l’adeguamento delle età pensionabili alla speranza di vita. L’età necessaria per lasciare il lavoro aumenterà senza precedenti, provocando non poche conseguenze su aziende e giovani in cerca di lavoro. Quanto previsto dalla riforma e dagli adeguamenti alla speranza di vita fa sì che il lavoratore, dal 2013, possa scegliere di restare in attività fino a 70 anni e 3 mesi senza essere licenziato (70 anni nel 2012), cioè 4 anni in più della soglia normale di accesso alla pensione di vecchiaia. Questo tetto salirà, per effetto degli adeguamenti automatici fino a 75 anni e 3 mesi nel 2065, applicando le stime contenute nell’ultimo rapporto della Ragioneria generale dello Stato sugli scatti in relazione alle previsioni di allungamento della vita elaborate dall’Istat.
Ma parliamo di soglie minime. Per andare in pensione di vecchiaia ci vorranno come minimo 66 anni e 3 mesi per i dipendenti pubblici e privati e per gli autonomi (contro i 66 anni del 2012). Stessa cosa per le dipendenti pubbliche. Potranno invece lasciare il lavoro a 62 anni e tre mesi le dipendenti privati: un vantaggio che cesserà di esistere nel 2018, quando il limite minimo sarà, per tutti i lavoratori, di 66 anni e 7 mesi. Da gennaio salirà anche la soglia per accedere alla pensione d’anzianità, che la riforma chiama “anticipata”: 42 anni e 5 mesi per gli uomini e 41 anni e 5 mesi per le donne. Ma chi si tirerà fuori dal mondo del lavoro prima di aver compiuto i 62 anni d’età, subirà un taglio dell’assegno: dell’1% per ogni anno fino ai primi due, poi del 2%. Salirà di tre mesi, infine, il tetto per la pensione degli stakanovisti: da 70 anni nel 2012 a 70,3, appunto.
Occhio per chi invece ha cominciato a lavorare dopo il 1995. La riforma concede loro la possibilità di accedere alla pensione di vecchiaia con tre anni di anticipo: a 63 anni, che saliranno a 63 anni e tre mesi dal prossimo gennaio (che aumenteranno fino a 68,3 nel 2065). Quindi per i giovani di fatto c’è una fascia flessibile di pensionamento a scelta tra 63 e 70 anni, con l’assegno tutto calcolato sulla base dei contributi versati.
A pochi giorni dalla definitiva entrata in vigore della Riforma delle pensioni sono però ancora tanti gli aspetti che lasciano perplessi gli italiani e che fanno ovviamente discutere. Oltre ad aumentare le soglie di età necessarie per l’accesso alle pensioni, resta congelato l’adeguamento dell’assegno mensile per circa 6 milioni di pensionati che ricevono un assegno mensile di 1.217 euro netti (1.486 euro lordi). Si parla in particolare di assegni congelati per tutti coloro che hanno un reddito mensile che varia dai 1.217 ai 1.576 euro netti: questi perderanno nel 2013 dai 776 ai 1.020 euro nel 2013.
Le nuove pensioni, nei primi 11 mesi dell’anno, sono state 267.732, con un calo del 18,5% rispetto ai 328.549 dello stesso periodo del 2011. L’Inps ha liquidato 186.832 pensioni nel settore privato (-19% rispetto alle 230.549 erogate nello stesso periodo del 2011) e 80.900 nel settore pubblico (98.000 nello stesso periodo 2011, con un -17,5%), quello finora gestito dall’Inpdap, ora incorporato nell’Inps.
Nel complesso, i nuovi assegni liquidati sono stati circa 60.000 in meno rispetto a quelli liquidati nei primi 11 mesi dell’anno scorso dai due enti previdenziali. «Il dato è significativo – ha commentato il presidente dell’Inps, Antonio Mastrapasqua – ora i conti sono in sicurezza». Il dato è l’effetto della finestra mobile e dello scalino scattati nel 2011, in base al quale già da ora, prima dell’arrivo della riforma Fornero, si è atteso un anno in più per poter andare in pensione rispetto a qualche anno prima.

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