sabato 5 gennaio 2013

Monti.... e la scelta civica di "salire" in politica



Tratto da articolo di A. de Angelis (Huffington Post)
 http://www.huffingtonpost.it/2013/01/04/elezioni-2013-monti-prese_n_2411716.html?1357334272&utm_hp_ref=italy


Alla fine il partito di Monti non nasce. E il nuovo centro assomiglia più a una fusione fredda che a un nuovo inizio. Quando Mario Monti, nel corso della sua conferenza stampa all'Hotel Plaza, scopre il simbolo della "sua" lista, nascosto sotto un drappo rosso, si scopre anche la faticosa, complessa trattativa che ha accompagnato l'intera operazione. Col Professore che oggi certamente ha deciso di forzare i tempi, per sottrarsi a un rituale, quello di liste e simboli, che stava appannando la novità della sua salita in campo. Tanto che, nel corso dell'ennesimo vertice mattutino a palazzo Chigi - dopo quello notturno - ha usato toni ultimativi, quasi seccati: "Oggi si decide, e ho intenzione di fare una conferenza stampa".
Ma Monti non è riuscito più di tanto a forzare la sostanza. Imponendo quella lista unica sia alla Camera sia al Senato che avrebbe dato il senso della novità. E avrebbe recuperato alla causa big come Corrado Passera che hanno fatto del punto una condizione imprescindibile per partecipare al progetto. Ancora oggi il Professore ha provato a convincere Casini, grande fautore dello spacchettamento di liste: "Se volete tornare a una lista unica alla Camera siamo tutti d'accordo". Ma ancora una volta si è trovato di fronte al muro del leader dell'Udc: "Non posso e non voglio chiudere il mio partito. Ha una sua storia, e non conviene a nessuno". E così l'argomento più divisivo sin dalla prima riunione al convento delle suore di Sion è rimasto tale anche all'ultima riunione prima di scoprire il simbolo. Con la novità che, però, in clima di rapporti diventati più tesi, Monti ha deciso di trasformare quella che sembrava una difficoltà in un vantaggio. Legata all'utilizzo del suo nome, alla questione della cosiddetta confondibilità: signori - è il senso del ragionamento - il mio nome si può mettere solo sotto una lista, quindi o facciamo una lista unica pure alla Camera, oppure Udc e Fli si presentano col loro simbolo, all'interno dell'alleanza, ma senza il nome Monti sotto. Punto. Ecco dunque il compromesso finale: lista unica al Senato "Con Monti per l'Italia", e tre alla Camera: quella montiana (Scelta civica. Monti per l'Italia), l'Udc col nome di Casini nel simbolo, Fli col nome di Fini, e non con quello del Prof.
E non è un caso che sia nella conferenza stampa di presentazione del simbolo sia nel corso dell'intervista a Otto e Mezzo, Monti ha precisato almeno cinque volte che nella "sua lista" non saranno presenti parlamentari, quasi a sottolineare una sua alterità rispetto alla politica di professione. E che nel logo sia stata inserita la dizione "scelta civica". C'è l'alterità, ma anche la sfida. Con lo stesso simbolo che al Senato vale per tutti, e alla Camera solo per una lista si crea un effetto competizione. L'obiettivo di Riccardi, Montezemolo, e anche dell'inner circle del premier è di superare l'Udc (e Fli), intercettando il voto di opinione, e anche un certo sentimento antipartitico. E c'è anche una difesa orgogliosa da parte di Monti del suo profilo, nei confronti dei suoi alleati, ma che nel giorno del battesimo è davvero a tutto campo, come si capisce quando dalle riposte alla Gruber sul suo profilo autonomo ("non farei il ministro per un altro premier") e sulla sua correttezza nella partecipazione alle trasmissioni televisive ("Spero che la Rai pubblichi presto i dati sulle presenze politiche").
Una fusione fredda, dunque. Come rivela anche un altro aspetto della trattativa. Che Monti, senza enfasi retorica, ma con forte determinazione, ha presentato come una sua scelta ben precisa, i criteri per la formazione delle liste. Solo due deroghe a chi ha più mandati, e norme assai strette sull'incandidabilità. Attenzione. Perché non c'è dubbio che l'Udc deve, su questo, affrontare scelte drastiche, avendo parecchi parlamentari di lungo corso. Ma è anche vero che Casini non si è opposto alla scelta, visto che consente quel rinnovamento che al leader dell'Udc non dispiace. Applicando i criteri montiani si "salvano" Casini, Buttiglione ma anche Cesa, visto che il limite non è di due, ma di tre legislature. Così come anche Fini, con il pretesto della norma deciderà di non ricandidare quegli elefanti del suo partito che risolvendo a monte il problema di chi far eleggere visti le percentuali non entusiasmanti della sua lista.
Insomma, c'è un elemento costante in tutti gli aspetti dell'operazione Monti. Nessuno, né il Professore né i suoi compagni di viaggio ha ceduto sovranità in nome del nuovo inizio. Ognuno si è tenuto le mani libere. Sia Monti sia i suoi alleati. Tanto che nessuno ha parlato di gruppi parlamentari unici dopo il voto, altro segno dell'intenzione di rimanere separati in casa. E su questi presupposti si annunciano come complicati i prossimi giorni, in cui si discuterà di formazione delle liste. Soprattutto al Senato, dove c'è la lista unica. E dove andrebbero accolti anche i transfughi di Pd e Pdl folgorati sulla via del montismo. La discussione è stata già intavolata. Con Casini che ha chiesto il 40-45 per cento delle candidature, Fini il 10-15, e il resto che spetterebbe all'area civica di Monti, Montezemolo e, appunto, ai transfughi. E domani mattina nuovo vertice. 
.........
Sarebbe curioso sapere chi a Castellammare del Golfo sarà il "prescelto" a rappresentare questo movimento. Se già esiste... si faccia avanti !!!!

Nessun commento:

Posta un commento

Grazie per il tuo contributo